Dalle nostre parti, tra terra e acqua, i confini sono sempre incerti, e quando ci sono questi giorni di nebbia anche i contorni diventano indefiniti. In serate come queste trovarsi in un capanno da pesca su un canale è come essere sospesi, si è circondati da un silenzio ovattato e la cosa mette anche un po’ di timore.
Poi, il vino, la compagnia e “il mangiare” fanno il resto. La leggenda narra che nelle notti di nebbia per tornare a casa in bicicletta, dal centro storico della città del sale, verso la campagna, poteva capitare di finire in acqua, a mollo, dentro ad un canale.
In quelle notti, ai margini della millenaria salina, c’era una intensa attività, in quel limite che divideva il terreno dalla proprietà demaniale e come tutte quelle cose che sono proibite, possiedono un certo fascino e la pesca al buratello era una di quelle.
Nelle acque ferme e salmastre dei canali circondariali o nel condotto delle saline, le anguille trovano un habitat meraviglioso e ricco poteva essere il bottino per i pescatori. Un po’ meno gradito per le gentili consorti che si ritrovavano in casa il frutto strisciante della notte proibita. Tra sussurri e confidenze il giorno dopo: “Ho ciapè di buratell”, “Stasera ai fasem in tla gardela” ( stesera li cuciniamo in graticola) e via con una elencazione di tutti i metodi di cottura.
In Romagna è una cosa risaputa raccontarsi i piatti e le varie specialità cucinate, non ne sono da meno due grandi romagnoli come Pellegrino Artusi, autore della Scienza in Cucina e l’arte di mangiare bene, il padre della cucina italiana e Olindo Guerrini, gran bibliotecario dell’Università di Bologna, autore dei mitici Sonetti Romagnoli con lo pseudonimo di Stecchetti, anche lui autore di un libro sull’arte di come utilizzare gli avanzi in cucina e risparmiare con gusto, un vero anticipatore.
Proprio sull’anguilla i due hanno un carteggio, con disquisizioni anche scientifiche, citano l’Alighieri e un Papa che pare fosse molto ghiotto e con quale ricetta preferiva gustarla e anche se le anguille erano quelle del Lago di Bolsena, Il Maestro Pellegrino santifica l’anguilla alla moda di Comacchio nel libro ufficiale della cucina italiana. Se poi volete approfondire potete trovare questa corrispondenza all’interno dell’archivio di Pellegrino Artusi ora reso digitale grazie a Casa Artusi è stato pubblicato online. L’ anguilla ci aiuta a descrivere la differenza che corre in Romagna tra “ magneda“e “ magnadina”. Della magneda ci parla un altro romagnolo e nostro concittadino, Max David, che fu un affermato giornalista del Corriere della Sera e promotore del Tribunato di Romagna e si compone in una serie di modalità di portate varie, caratterizzate da menu alla campagnola o alla marinara con le relative regole di comportamento e abitudini che la contraddistinguono.
Della “magnadina” invece vi parlo io ed è interamente dedicata ad una tipologia di ingrediente che viene proposto con varie ricette e diverse modi di cottura. In questo caso la magnadina di buratell: Brodettino con l’anguilla, anguilla in umido, alla griglia, fritta accompagnata da contorni vari e dirittura finale testa a testa con dolci, caffe e liquori vari e occhio a non farvi confondere dal diminutivo.
Per entrambe vale la regola dell’invito, non c’è differenza sociale al desco ed è consentito scherzare e prendersi in giro, se vi va bene è cosi, se no, state a casa. Spesso capita che a queste cene partecipino dei personaggioni, capitati per caso o per amicizia con qualcuno dei convenuti e viene portato quasi a sorpresa. Qui avviene il miracolo. Gente che fino a d un minuto prima bestemmiava e parlava in dialetto, inizia a genuflettersi a ad inventare dei neologismi in italiano come ad esempio: “Su dai Onorevole, lei, “Tullo” con le mani quel buratello” ( Tul : voce del verbo prendere, in dialetto romagnolo ) oppure ci sono delle inversioni di ruolo, ad esempio l’addetto alla frittura per la serata che impone ordine e disciplina “ Omissis bip:”Di’ Generale, non faccio in tempo a friggerli ,cosa te li vuoi mangiare tutti te i zipolini fritti, omissis bip ”. Evviva la Romagna Evviva il Sangiovese.